Al laboratorio sull’interazione fra umano e virtuale della Stanford sono andato a trovare uno psichiatra che si chiama Jeremy Bailenson, che ha studiato il modo in cui le esperienze virtuali vengono immagazzinate nel cervello. Lavora con persone coinvolte in simulazioni virtuali come Second Life, e osserva come queste si riflettono poi nella vita reale. Ha scoperto che le aree del cervello responsabili della memoria non riescono bene a distinguere se un particolare avvenimento è accaduto nel mondo reale o in uno virtuale. In altre parole, proprio come può capitarci di svegliarci da un incubo restando arrabbiati tutto il giorno con la persona che ci ha fatto torto in sogno, tendiamo a ricordare e ad agire sulla base delle nostre sperienze virtuali come se queste fossero realmente accadute. Da un lato, questo costituisce una straordinaria modificazione del comportamento. Ho assistito mentre Bailenson faceva sedere una donna su una sedia facendole simulare un pasto nella realtà virtuale. Mentre lei mangiava, il suo avatar lentamente ingrassava, riprogrammando la comprensione che il suo cervello aveva dell’effetto delle sue abitudini. Naturalmente, in teoria qualunque di queste tecniche potrebbero essere usata a favore o contro i nostri migliori interessi. In un altro studio, Bailenson ha scoperto che “avere dieci centimetri in più di altezza triplica le probabilità di picchiare qualcuno in un confronto nella realtà virtuale”. Ma non è questa la parte più strana. Tornando al mondo reale, “a prescindere dall’altezza vera, mi picchierai lo stesso se dovessimo avere un confronto. Questo ci ha lasciato di stucco. Una piccola esposizione nella vita reale si trasporta anche nel nostro comportamento faccia a faccia”. La cosa più strana di tutte è che Bailenson ha fornito ad alcuni bambini un’esperienza di realtà virtuale come se avessero nuotato con delle balene, e due settimane dopo ha fatto loro delle domande in proposito. Metà di loro era convinta di essere veramente stata a Sea World a nuotare con le balene. Qua si sta parlando di ricordi impiantati nella memoria. Bailenson ha scoperto il Sacro Graal per coloro che cercano una tecnologia affidabile per controllare la mente. Gli ho chiesto se la cosa lo spaventi. Lui ha detto, "la vedo solo come la direzione in cui stiamo andando”. Non sorprende che l’esercito americano sia in prima linea in queste scoperte e abbia propri laboratori in cui studia come applicare queste tecniche sia sul campo di battaglia che sui reduci traumatizzati. Le simulazioni virtuali permettono a chi soffre di stress post-traumatico di ri-sperimentare gli eventi che li hanno sconvolti per poi lentamente desensibilizzarsi al loro impatto atrarverso ripetute reinvenzioni che coinvolgono non soltanto la vista e l’udito, ma anche l’odorato. Ho provato io stesso una di queste sessioni in un laboratorio finanziato dall’esercito a Marina Del Rey, in California, sostituendo il ricordo di un incidente letale di quando avevo 20 anni e combattevo in Iraq, e la vividezza di quelle emozioni mi ha raggelato. L’esercito sta anche cercando un modo per applicare questa tecnologia prima che avvengano i fatti, essenzialmente inoculando nel cervello dei soldati il trauma della guerra in anticipo.
Douglas RushkoffFonte: www.thedailybeast.com
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